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Harriette Tubman : da schiava ad eroina


Se pensate che la Guerra di Secessione Americana sia stata combattuta solo da grandi eroi e da martiri della rivoluzione..beh, vi sbagliate. Come vedrete tra poco , e come succede frequentemente, mentre gli uomini parlano spesso le donne agiscono. Ed è proprio il caso di questa piccola e minuta donna di colore che viene ricordata dalla storia come il redivivo ” Mosè che porta il suo popolo nella terra promessa “..al femminile.

Nata schiava nella Contea di Dorchester ,in Maryland, nel 1820 la piccola Araminta, figlia di Benjamin Ross e Harriet Green, ebbe un’infanzia del tutto simile a quella delle sue coetanee. Schiava dalla nascita fu poi ”affittata ” a cinque anni ad un’altra piantagione dove venne impiegata nella cattura dei topi muschiati in prossimità dei fiumi ghiacciati. La vita dura e ai limiti delle forze la indebolirono al punto che prese la tubercolosi e fu rimandata indietro, alla piantagione di appartenenza, come ” merce avariata “. Guarita, fu poi nuovamente strappata alla sua famiglia per lavorare come infermiera in un’altra piantagione. Fu lì che la dolce ” Minty “, come spesso la chiamavano, prese il nome di Harriet in memoria della madre che tanto le mancava. Era una fragile creatura che nascondeva una forza straordinaria: non tollerava i soprusi e mal sopportava la vita da analfabeta a cui gli Afro-Americani erano costretti. Purtroppo non riuscì mai a imparare a leggere e scrivere e quindi sviluppò una memoria eccezionale, sia verbale che fotografica, che le sarà di grande aiuto negli anni successivi. Non aveva un carattere facile e veniva punita molto spesso dai sorveglianti, che le usavano anche violenza. A tredici anni cercò di difendere da uno di questi uno schiavo che aveva provato a fuggire e che stava letteralmente morendo sotto i colpi della frusta. Il sorvegliante, inferocito per questa ribellione, le tirò in testa una catena del peso di due chili, cosa che la portò ad un passo dalla morte. Guarì ma le rimase come strascico una forte narcolessia, per cui le capitava di perdere i sensi molto frequentemente. Questo suo handicap, tuttavia, non le impedì di essere in prima linea con gli Abolizionisti e di combattere al loro fianco per i diritti civili della sua gente qualche anno dopo.

A 25 anni le venne permesso di sposare John Tubb, un nero libero. La coppia però fu presto separata poichè il padrone della piantagione le impose di rimanere a lavorare per lui. In realtà Harriet era la sua

” negra da letto ” ed era considerata dal padrone come merce propria. Si dice che Harriet, pur di non partorire un figlio di costui, abbia abortito due volte e che in seguito a ciò sia rimasta sterile. Non sappiamo come siano andate davvero le cose poichè, anche in vecchiaia, Harriet non amava parlare di questo argomento . Certo è che non ebbe mai figli da nessuno dei due matrimoni.

La sua eccezionalità si manifestò pienamente nel 1849 , proprio subito dopo la morte dell’odiato padrone. Venuta a conoscenza che lei e due dei suoi fratelli sarebbero stati venduti a dei mercanti di schiavi decise di scappare al nord, dove gli abolizionisti lavoravano perchè venisse concessa ai neri l’uguaglianza sociale e la libertà. Fu una decisione difficile, poichè le frontiere erano controllatissime e i cacciatori di schiavi fuggitivi non guardavano troppo per il sottile, torturando e impiccando tutti quelli che capitano nelle loro mani. La spaccatura tra nord e sud stava diventando evidente e molti presagi facevano pensare che una guerra civile non era lontana; i proprietari delle piantagioni del sud erano quindi ferrei nel fare rispettare le proprie leggi, che sancivano la loro ” Assoluta proprietà sullo schiavo e il diritto di decidere autonomamente riguardo le loro vite.” Harriet è spaventata ma decisa: approfittando della mancanza della luna e confidando nella sua grande capacità di sapersi orientare anche al buio viaggiò per tutta la notte nascondendo le proprie tracce nell’acqua dei fiumi. Fu un viaggio solitario poichè i suoi fratelli , terrorizzati dall’idea di essere acciuffati dai cacciatori di schiavi, la abbandonarono quasi subito. Harriet tuttavia riuscì ad attraversare la frontiera e arrivò nel Delaware, al nord, dove per la prima volta salutò il giorno da donna libera. Lei stessa nella sua autobiografia ricorda questo momento: “Ho guardato le mie mani dove spiccavano ancora i segni delle catene e mi sono chiesta se quelle erano le mani di una donna libera. Poi alzai lo sguardo intorno e vidi che tutto era così bello! Mi sembrava di volare e ho avuto timore di essere morta nella mia fuga e di trovarmi in Paradiso! ” Inizia così per Harriet un periodo di trasformazione e di cambiamento. Abbattute le barriere si reca a Philadelphia dove trovò lavoro come sguattera e lavandaia. Ben presto si rese conto della diversità del mondo in cui si trovava e dei fermenti di uguaglianza e di libertà che mai aveva conosciuto. Cominciò a conoscere le idee nuove dell’Abolizionismo e si rese conto che Dio l’aveva salvata perchè lei potesse essere di aiuto agli altri. Decise quindi di mettere a servizio degli altri la sua vita e aiutare quanti più schiavi possibile a conquistare la propria libertà. Ma non lo fece con le parole o con le leggi. Era una fragile donna ignorante e combattè con le uniche armi che aveva a disposizione: la sua memoria per i luoghi, la sua capacità organizzativa e soprattutto la sua incrollabile forza morale.

Da poco era venuta a conoscenza di un’Organizzazione che faceva fuggire gli schiavi del sud attraverso una fitta rete di gallerie sotterranee, che spesso costeggiavano i fiumi e che erano talmente intricate da rendere difficile il pedinamento. Si chiamava la Underground Railroad Association ed era formata prevalentemente da uomini i quali, mettendo a rischio la propria vita, si infiltravano nelle piantagioni del sud per aiutare gli schiavi a fuggire. Harriet fu la prima donna di colore a farne parte.

Fidando nella sua conoscenza dei ritmi delle piantagioni, dei segreti delle erbe per ingannare l’olfatto dei cani e di una segreta astuzia Harriet portò a termine circa 20 pericolosissime missioni, riuscendo a mettere in salvo più di 300 schiavi… da sola! Fra il 1849 e il 1857 recuperò tutta la sua famiglia, compresi gli anziani genitori. Si racconta che l’intrepida donna portò a braccia il padre, sfinito per la stanchezza, per più di metà del tragitto e che abbia investito tutti i proventi del suo lavoro di sguattera per finanziare le operazioni di soccorso degli schiavi. Col tempo affinò la sua tecnica, e divenne in grado di gestire nella fuga più di 20 schiavi per volta! A chi dava segno di voler mollare Harriet puntava una pistola alla tempia sussurrando ” O Libero o morto!” Per questa sua incredibile capacità di imporsi a fin di bene fu appellata da John Brown , famoso attivista e martire dell’Abolizionismo e suo amico, ” la Generale Tubman “. Sicuramente era una grande stratega: confidando nel fatto che le notizie sugli schiavi fuggiaschi non potevano essere pubblicate sui giornali durante il weekend perchè le redazioni restavano chiuse, organizzava le fughe specialmente di sabato notte in modo da avere molte più tempo a disposizione prima che i bollettini tra schiavisti si attivassero. Si racconta anche di una rocambolesca fuga in cui , penetrata nella casa del padrone di una piantagione, si appropriasse dei suoi vestiti e del suo cavallo , riuscendo così a defilarsi passando proprio sotto il naso dei..sorveglianti! A volte si spingeva al limite, così come quando utilizzava potenti narcotici per addormentare i neonati degli schiavi in fuga, oppure quando ingannava volutamente i cacciatori sulle loro tracce girando in tondo e spedendoli quindi…di nuovo al sud! La sua fama si allargò a macchia d’olio, tanto da spingere le Autorità locali a mettere una taglia di ben 40.000 dollari sulla sua testa!

Nel 1858 militò apertamente con John Brown ma , pur stimandolo come amico, si dissociò dichiaratamente dal suo modo di fare che giudicava ” troppo violento”. Tuttavia lo sostenne finanziariamente con varie raccolte di fondi per ben 12 anni, fino allo sfortunato raid in Virginia che portò Johnson alla morte. In una delle sue ultime interviste nel 1912 dette prova di un eterno affetto nei suoi confronti, definendolo come ” il mio unico e più caro amico”.

Harriet fu una delle ” combattenti segrete ” della Guerra di Secessione , così come le migliaia di donne bianche e nere che lavoravano come infermiere, cuoche, lavandaie, esploratrici e spie al fianco dei più famosi soldati uomini. Fra il 1862 e il 1863 si trasferì nel Sud Carolina, incurante delle taglie ancora valide sulla sua testa, e organizzò una scuola ” di addestramento” per guide della Underground Railroad, dove formava donne e uomini e insegnava loro i trucchi per far scappare gli schiavi. Lavorò anche come spia per l’organizzazione, riuscendo a scoprire e a far abbattere punti strategici della Confederazione, che nascondeva spesso le armi in negozi di cotone o di imballaggio. La stampa sudista la oltraggiò più volte e tentò di metterle contro, a più riprese, vari capitani della cavalleria dell’Unione pungendoli nel proprio orgoglio. Cito ad esempio uno stralcio tratto da ” La Voce del Sud ” che, nel 1863 diceva: ” Che vergogna per il Colonnello Montgomery marciare con un Esercito di 800 uomini alle dipendenze di una negra brutta e ignorante che sa solo distruggere i depositi del cotone, le tenute signorili e l’eleganza del sud, e che porta ovunque il terrore”! Ma nulla riuscì a scalfire il rispetto che gli eroi del nord nutrivano per quella signora ” magra e non bella, che non sa leggere o scrivere, che non appare affatto come una donna eccezionale eppure capace di spronare gli Eserciti”.

Terminata la guerra Harriet aprì un ospedale per i combattenti feriti di colore a Fortress Monroe, in Virginia. Ma si dette molto da fare per tutta a vita a raccogliere fondi per i bambini rimasti orfani e per dare loro un’istruzione. Nella sua autobiografia, ( Harriet Tubman, un Mosè per il suo popolo) che fece scrivere nel 1868 da Sara Hopkins Bradford, affermava: ” Non è possibile essere liberi se si è ignoranti”. Non tenne mai per se neppure un cent delle royalties del libro, che impiegò per dare prima una casa agli anziani genitori e poi per fondare un ospizio per persone indigenti. Tuttavia trovò anche il tempo di sposarsi nuovamente dopo che, già nel 1849, era stata ripudiata per il suo attivismo dal primo marito. Convolò in seconde nozze nel 1869 con Nelson Davis, un veterano dell’Unione che..aveva la metà dei suoi anni! Con lui trovò la serenità che non aveva mai conosciuto e conobbe l’unico periodo di depressione della sua vita quando rimase vedova, nel 1888. Fortemente convinta del potere delle donne e della necessità di estendere il concetto di eguaglianza non solo alla razza ma anche al sesso, combattè nel 1896 come suffragette per vedere riconosciuto il diritto di voto anche alle donne. Spese i suoi ultimi proventi della vendita del libro per acquistare 25 ettari di terreno per la ” Methodist Episcopal Zion Church africana “, che ci costruì sopra una casa di accoglienza per donne in difficoltà. Orgogliosissima, tenne nascosta la sua grave condizione di indigenza, che non le permetteva di fare pasti regolari e la costringeva a dormire per strada, per più di 10 anni. Fu poi Frederick Douglass, suo amico e sostenitore,ad informarne la Chiesa Metodista da lei beneficata che la accolse nella casa di accoglienza. La voce della sua povertà si sparse per tutto il Paese e migliaia di donne nere della NACW con cui aveva lavorato si organizzarono per garantirle un vitalizio di 25 dollari, in segno di omaggio e riconoscimento del grande valore di questa piccola e indomita donna, che morì qualche anno dopo consunta dalla devolezza alla bella età di 90 anni.

Migliaia di persone sfilarono al suo funerale, che fu una vera e propria parata militare a spese dello Stato , alla presenza di autorità e veterani, orfani ed ex schiavi, tutti riuniti per fare atto di omaggio a colei che aveva sacrificato davvero e senza fare troppo rumore la sua intera Vita a servizio di un ideale di libertà ed eguaglianza. Fu seppellita a Fort Hill Cemetery il 10 marzo 1913. Un anno dopo la città di Auburn, dove morì, eresse una statua di marmo in sua memoria proprio davanti al Palazzo di Giustizia nella Contea di Cayuga, famosa per i suoi martiri Afro-Americani. Nel 1995 la US Postal Service stampò un francobollo con la sua effige, citandola come ” eroina della Guerra Civile”. L’esempio di Harriet Tubman è ancora oggi oggetto di devozione da parte di tutti coloro che riconoscono nella Democrazia e nel concetto di Uguaglianza la vera strada verso l’evoluzione Americana.

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